20 luglio 1988

OCCHI DI BASTARDO di Giuseppe Ferlito

20/07/1988




Con il pelo un po' arruffato,
le orecchie a sventola e le gambe corte assai,
con quel nasetto umido un poco ammaccato
e toh! la coda proprio non ce l'hai,


mi vieni incontro, quando ti vengo a trovare
e ti vien voglia di farmi una gran festa.
Ma ahimé! non sai neanche abbaiare
e senza coda, "scodinzoli" la testa.


Vieni, cucciolo, scendiamo giù in paese;
ma tutti ridono vedendo quel pagliaccio
trotterellar tra un "Collie" e un "Pechinese";
loro: stupendi adoni; lui: maschera di ghiaccio.


Allor s'accuccia, alza gli occhi e mi fissa in viso
chiedendomi, con quel suo dolce sguardo,
perché di lui si faccia quel gran riso
ed io: "Perché non piangi, occhi di bastardo?"


rispondo a lui e, volgendomi da un lato
(per non saper com'altro confortarlo),
scorgo gli occhi d'un bimbo handicappato
che invano cercano chi fu ad abbandonarlo.


Son due occhi che non si curan del vestito,
son due occhi che 'sà quanto hanno pianto;
non brilla or più una lacrima in quel guardo spaurito
che tutt'intorno scruta, un po' d'amor cercando.


Oh! come profondi son questi occhi Gabriella.
Oh! come, da lor sfuggendo io son codardo.
Ma dì: "Cos'è in questo mondo cosa assai più bella?";
d'un bimbo solo è sprofondar negli occhi
oppur negli occhi di bastardo!
Giuseppe Ferlito
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