27 marzo 2011

U CUMANNARI



- Opà! Picchì u cumannari è megghiu do futtiri?


- In primis, figghiu miu, su avissi cummannatu a st' ura tu stavi ancora 'na menti do Signuri e no n'do me statu di famigghia e poi picchì cu futti u pò fari ccu na fimmina o ccu'n masculu o' coppu  e, di rittu o di chiattu, 'a nesciri soddi. Ma cu cumanna futti e strafutti a ccu ié ghié, masculi e fimmini. E non pava.

Che tradotto recita:

-Babbo!  Perché comandare è meglio che "fare l'amore"?

-In primo luogo, figlio mio, se io fossi stato più attento, ora non ti avrei avuto a carico e poi perché chi "fa l'amore" lo può fare con una femmina o con un maschio alla volta e deve sempre tirar fuori soldi ma chi comanda frega e strafrega a tutti contemporaneamente e di qualunque sesso. E non caccia una lira ... anzi ...

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26 marzo 2011

PRIGIONIERI DI SE

1991
Prigionieri di noi stessi,
soffocati dalle proprie cose
e trafitti dall'odio,
si va morendo in questo mondo.

Io che, come il soffio la fiamma,
un po' alimento un po' spengo la vita,
muoio d'amore per te:

la tua acerba bellezza
trafigge questo vecchio cuore
mentre respiro il tuo respiro,
prigioniero del mio sogno.
giuseppe ferlito
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25 marzo 2011

PREGHIERA DEL GUERRIERO DI PACE




1/11/1990
O che il tuo nome sia "Dio"
oppure "Buddha" oppure "Manitù"
o in qualunque altro nome io t'invochi,
o che Tu sia il nulla
oppure l'universo intero,
o addirittura che tu sia soltanto "Io";
io, guerriero di pace,
Ti offro queste mani e questa voce;
che siano le sole armi che userò
contro il dolore e la violenza
e che, come martello e scalpello di scultore,
strappino quel marmo di egoismo e indifferenza
che dissapori, lotte e guerre hanno calcificato
in questa umanità che Ti va cercando
e portino alla luce quella Tua immagine scolpita,
che in ogni uomo da sempre splende.
A Te consacro questo mio corpo,
che sia il solo scudo
contro le armi che questa umanità confusa
ha ormai così sapientemente costruito.
Lotterò al Tuo fianco e in nome Tuo, Signore!
Non nelle trincee ma nei solchi della semina;
affinché il cannone diventi aratro,
affinché la spada diventi bisturi,
affinché l'uomo non distrugga la casa del fratello,
ma abbatta solo il muro che da esso lo divide.
Fà, mio Dio! Che l'ultimo sangue da lui versato
sia solo per amore.
Fà che l'amore non sia un vincolo di egoismo
fra pochi uomini, che lascia esclusi gli altri;
ma solo il primo passo che l'uomo compie
per completarsi con tutto il creato
nel corpo, nella mente e nello spirito.


Ti prego, o mio Signore!
Consola quel fratello
che per errore dovesse farmi del male:
lui va per la sua erta strada,
io, grazie a lui, giungo a Te
per quella più veloce del perdono;
che non v'è esperienza in questo mondo
che non giovi a conoscere il Tuo immenso amore.



Come guerriero ti do la mia vita
e restituisco a questa terra il corpo che le appartiene.
Ma se mi troverai stanco e dubbioso,
all'ombra di quell'albero che hai seminato in ogni bivio
per darci i frutti della conoscenza e dell'esperienza,
fà pure che io senta l'intenso profumo del male;
ma guida la mia mano a cogliere il frutto più in alto,
quello forse più difficile da raccogliere, quello del bene.
Dammi la forza, mio Signore!
Di tener sempre fede a questo giuramento
fino alla fine del mio cammino.



E, giunto sulle rive del Tuo immenso mare,
da cui io uomo nacqui e in cui voglio tornare;
possa, e così sia!
 
nelle Tue fresche e limpide acque rispecchiandomi,
vedere, nella mia, la Tua Eterna Immagine.


                                   giuseppe ferlito
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23 marzo 2011

Dentro al cuore c'è l'amore

di Roberta Costanzo
Novembre 1982
                                                                               

Dentro al cuore c'è l'amore
come la fiamma della rosa
e nella mente c'è sempre uno sforzo
ma nel cuore c'è sempre l'amore.


    Scabra, essenziale questa piccola ermetica poesia. Una miniatura ove non sono i colori a campire il disegno sottostante ma è il bassorilievo delle intense pennellate di colore a rendere viva e in rilievo l'immagine, in un alternante contrasto di luci intense e sfumati chiaroscuri, di profumi impalpabili, di calde percezioni e del crudo sforzo della conoscenza.
    La mia nipotina Roberta aveva appena sei anni quando buttò giù queste poche semplici strofe. Lasciandosi alle spalle il mondo ludico dei sentimenti, si accingeva a percorrere i primi passi della fanciullezza, culla delle prime nozioni e delle complesse elaborazioni della mente.
    L'amore non è come la variegata corolla dei petali di una rosa che poi, appassendo, lascia cadere uno ad uno quei petali che marciranno e ingialliranno. Ma è molto di più, è ciò che resta per sempre nel cuore, è quell'idea che lo riscalda, che è eterno ed etereo; è quella fiamma della rosa che ne brucia perfino le spine affrancandola nell'aere e nell'universo.
    Guai a rimanere intrappolati nei meandri della mente: è difficile uscirne fuori (è impossibile dare sempre a tutto una spiegazione con freddi calcoli matematici o complicati ragionamenti). E' invece più facile e naturale abbandonarsi a quel flusso della vita che sgorga spontaneo dal cuore e che porta già con sé il bagaglio della conoscenza umana (come un fiume che sgorga dalla sua sorgente e scende a valle, trascinandosi gli odori, i sapori, il vissuto del suo viaggio lungo l'alveo della vita). 
    Solo lasciandosi andare sui flutti di questo fiume non rimarremo impigliati in arbusti e pietre o arenati nel suo greto ma giungeremo dolcemente al grande mare dell'immenso amore. Quel mare che riesce si a spegnere l'odio, l'incomprensione e l'indifferenza ma che non potrà mai spegnere quell'eterna fiamma d'amore che in ogni cuore arde.
    Il ripetuto uso di "sempre", mentre nel penultimo verso sembra riprodurre l'insopportabile rumore di un martello pneumatico, riecheggia nell'ultimo come la dolce aria di un ritornello.
   Quanta fatica facciamo nel leggere il verso: "e nella mente c'è sempre uno sforzo" e che durezza nelle parole "mente" e "sforzo"; ma che armonia vien fuori dall'ultimo verso ove il cuore dà il "la" alla grande eco della vita, come un diapason che manda in risonanza l'amore perchè "... nel cuore c'è sempre l'amore".


Autocritica alla critica - Ecco l'esempio di come sia complicato ed incompleto esprimersi con i prosaici e complicati ragionamenti della mente e come invece sia facile, fresca e compiuta l'immagine che sgorga dal cuore.
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21 marzo 2011

CHE PENA la pena di morte

Ma, da quando le tue mani si sono sporcate di vero sangue umano,
non riesco più a vedere neanche uno dei tuoi film.
Tutti noi uomini siamo condannati a morte sin dalla nascita e tu puoi solo concederti la gioia di anticipare, a chi ti pare, la pena di qualche anno. Ma se vuoi il mio parere: una volta applicata la pena di morte, non è più possibile correggere gli eventuali e frequenti errori giudiziari e se il povero condannato non fosse colpevole, la società si macchierebbe dell'orrendo crimine dell'assassinio di un innocente, non per umano odio o per pazzia, ma in nome addirittura della giustizia e del popolo. Altresì, qualora fosse effettivamente il vero colpevole, personalmente farei di tutto (assicuratolo alla giustizia) per farlo sopravvivere fino a 120 anni perché non esiste al mondo un giudice più inflessibile di noi stessi, un boia più crudele della nostra coscienza e una tortura più insopportabile del tempo, una volta privati della libertà.
Per il vero, sanguinario assassino la morte è sicuramente un sollievo, è il colpo di grazia a chi sta già morendo dentro.

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20 marzo 2011

PECHINO E PACHINO

Quando il saggio indica la luna,
lo sciocco guarda il dito.
. . . . . . . . ma
'u spertu catanisi si ni futti da luna e do iritu
ma talia zzoccu sta arriminannu 
'ccu l'autra manu ddu scimunitu.
E 'cu sapi cosa !
(Il furbo catanese non attenziona né la luna né il dito
ma controlla ciò che, quello sciocco saggio sta facendo con l'altra mano.
Non si sa mai !)

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19 marzo 2011

SOGNO


Densa di salsedine la brezza marina
come il tempo scivola su questa spiaggia
e dove passa ormai non passa più.

Realtà fugace
che in un eterno sogno mi risveglia:
il tuo viso scivola su queste mani,
sento soffiarvi sopra i tuoi capelli.

Quei tuoi occhi, che profondi mi parlano di mare,
con quel tuo sguardo limpido che sa di sole,
si posano ridenti sopra questi miei
come rugiada su questo mio risveglio.

Da questi miei, cisposi e sonnolenti,
una goccia scivola che sa di sale;
ma forse sarà una lacrima

e nuovamente mi assopisco
in questa realtà fugace.

beppe
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18 marzo 2011

TU PIETRA TU FIORE TU MARE


Marchesana 16/10/1990
 





  



Di sul monte
giù per la valle,
rotolando vai,
mio bel ruscello;

tutto lambisci
con leggera ebrezza:
le rive opposte
e i ciotoli in mezzo.

Quel sasso lo avvolgi,

lo riempi di schizzi,
poi sciogliendoti intorno

gli lasci i tuoi spruzzi.

Tu bella e linda,
o pietra o ninfetta,
svanisci e mi appari
nell'onda che flutta.

Io, veloce impetuoso,
scrosciante ruscello,
su le membra t'incido
di carezze un cesello.

Ti stringo e ti bacio,
le vesti ti slaccio;
ti avvolgo nell'acqua
in un tenero abbraccio.

Poi nell'aria frizzante
svanisce una goccia
che rugiada si posa
sopra un fiore che sboccia.

Quel fiore tu sei

e sublime è il momento
che da goccia turchina
quel fiore divento.

Poi alitando e soffiando
io piego il tuo stelo,
scompiglio i tuoi petali
che guardono in cielo.

Sibilo, sbuffo risucchio,
mi gonfio d'amore
su di te mio bocciolo,
piccolo fiore.

Il profumo è di zagara
tra i tuoi sciolti capelli,
che, impregnato il mio corpo,
do al mare e alle stelle

e che poi si condensa in nuvola bianca,
poi in bianchissimo uccello.
Non più soffia quel soffice vento,
non scroscia il ruscello.

Io bianco gabbiano le mie ali battendo,
le tue mani ancor cerco
al mio bruno e silente tramonto,
col tuo stelo nel becco;

e ciotoli e petali strappati dal tempo
ormai secchi van giù
e alle acque del mare profondo si uniscono:
quel mare sei tu.

E' già notte profonda:

sopra il chiaro di luna che sfuma sull'onda,
io, canuto gabbiano,
con un volo di ombre quest'uomo tratteggio
che rema più piano.

Come avide e umide labbra d'amanti,
(io rescello, tu mare)
le mie e le tue acque profonde in un bacio alla foce
si lasciavano andare.

(Tu mare, io vento). Io, sbuffando dai monti,
con rorida brezza
sul tremulo pelo dell'onda svanivo
come lieve carezza.

Io, stanco gabbiano che striscia sull'onda,
volteggio, mi butto;
poi spicco un ultimo volo ed in te dolcemente
m'inabisso nei flutti.

Tu languida pietra di fiume;
tu fresco fiore di prato;
tu mare!

O se ali d'uccello o se vento o se acqua
io sono per te;
ti do queste ali, respira quest'aria e bevi con me
e per sempre sarò
una piccola parte di te.


giuseppe ferlito
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16 marzo 2011

Al campeggio

Un bel campeggio è meglio di un G8
testo alternativo
Per una panoramica passare col mouse sopra l'immagine senza cliccare.


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15 marzo 2011

MORTE PUTTANA

7/1/1990
Dolce, cara, ingannevole morte!
quante volte mi hai teso le braccia!
E, quante volte, infedele bestiaccia,
da sopra il mio capo le hai tolte.


Io ti amo e ti odio, puttana,
che con giovani vite vai a letto;
io di te son geloso, lo ammetto,
non riesco più a starti lontano.


Più la vita io amo godermi
e più giacere al tuo fianco desio;
ma lottar fino in fondo degg'io,
chè con altri non de' tu tradirmi.


Sarò innanzi a chi sta per morire.
Inerme starò al tuo cospetto,
anelando senz'armi e nudo il petto,
che il tuo bacio mi possa ferire.


Quante volte, troia demente,
ti ho visto girar tra i soldati
con l'armi in pugno, ma di paura velati
che annuivano ai tuoi adescamenti.


Uomini, ma bimbi che, in un giuoco fatale,
t'abbracciavan con l'angoscia nel viso;
quel volto cui un dì, una mamma e un sorriso,
avean dato la vita senza fargli alcun male.

Quante volte, gran meritrice,
mi hai sorriso con ghigno beffardo
dall'occhio di un cane bastardo
che, morente, ti guarda e ti dice

che a finirlo fu la tua mano crudele,
già grondante del sangue vermiglio
di cavie, di scimmie e di qualche coniglio
immolati a quell'uom che si crede immortale.

Deh! Concedimi le tue eterne grazie,
dolce sposa di affranti suicidi;
rapiscimi coi tuoi macabri riti,
tu, regina di tante disgrazie.

Ma se alfin di tender la mano
sarò stanco e vorrò viver la vita,
con me, già lo so, per farla finita,
quel dì giacerai, morte puttana!


                                                giuseppe ferlito


                                                                         
                                                                              





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14 marzo 2011

INIZIO E FINE

Amavo gli inizi ma "la fine è il mio inizio" (T.Terzani) e ogni inizio è solo il primo passo verso la fine.
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12 marzo 2011

TG

Ci sono due modi di seguire il telegiornale:
o con intelligenza e senso critico
oppure con... FEDE.
(Quando sono giù di corda e il mio animo è colmo di fede,
lo preferisco a Zelig)
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11 marzo 2011

CANI E GATTI


Magari gli uomini, al culmine della loro evoluzione, fossero come cani e gatti!
Io, se fossi ministro dell'istruzione, metterei al posto della vecchia educazione civica la

EDUCAZIONE ANIMALE

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9 marzo 2011

PUGNI CHIUSI

10/7/1988
Pugni chiusi serro al petto;
e di te non ho che un vago aspetto.
Vorrei nelle mie la tua calda mano;
Ma le mie dita si stringon su se stesse invano.

Il pensier di te è una carezza al viso
quando mi guardi con quel dolce sorriso
che fresco sboccia da quei due dentoni
che adornan le tue schiuse labbra come due bottoni.

Le tue sciolte chiome e le tue dita
Sfuggon da questa mano rattrappita.
A pughi chiusi e a denti stretti noi due parliamo
ed in silenzio profondamente io t'amo.

Il sole, il cielo, la terra e il mare
m'empiono il cor, ho voglia d'amare.
Dolce è tra i rami il cinguettio degli uccelli
mentre si fan nidi come piccoli cestelli.

E quando cala il sol, d'autunno o in primavera,
la natura par che intoni un inno alla sera,
intanto che tu, vecchio cipresso assai contento,
ondeggiando al primo alito di vento,

accogliendo vai per la notte tra i tuoi rami
questi piccoli cantori che tanto ami.
Tutti tu adori; ma forse tu ne ami uno soltanto
mentre con gli altri passeri invade i tuoi rami del suo canto.

Dimman ti lasceranno e tu vecchio istrione
continuerai ad ondeggiar paziente le tue chiome
che sparse e cinguettanti donano al sole e alla chiara luna
quel che le mute radiche suggon dalla terra bruna.

L'universo immenso m'invade e mi riempie il core
ma senza te è nulla intorno, son vuoto dentro, amore.
E, guardandoti ridere, cantare e tanto amare,
col mio cipresso, a pugni chiusi, continuerò a ballare.
                                                                                                                                             giuseppe ferlito
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LA PAZZIA

di Walter Iozza

Un volo di gabbiano
striscia l'ispida onda.
Di fronte il vento del nord
alle spalle tanti ricordi.
Ecco... s'innalza leggero
il mio pensiero,
s'innalza e si stalla e là
dove più forte è il vento
vibra
vacilla
tentenna
e poi?
Tutto si scorda in quella
pazza discesa

Un volo di gabbiano
striscia l'ispida onda.

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LA FELICITA'

di Walter Iozza

In fondo alla strada
stava la grande fontana.
Mi guardai attorno ...
..........................stupito.
Tutto era così diverso,
così puro.
Si udiva soltanto un
dolce e fresco vento.
Sembrava che solo lui
abitasse quei luoghi
e tutti riconoscessero
in lui un portatore di
pace.
Devote si piegavano le
spighe e la dove il
cielo era più scuro
cupo rintonò il tuono.
Mi lasciai cadere tra
l'erba, e sorridendo
strinsi tra le mani
la terra.
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8 marzo 2011

IL GIGANTE E IL FIORELLINO


10/7/1988
Sono un gigante
e tu sei un fiorellino.
T'ho calpestato
ma or ti porto via.
Ti stringo tra le dita
e già ingialliscono
le verdi foglie
e i bianchi petali odorosi.

No fiorellino
non appassire!
Ti amo troppo
ma ho forse troppo amato me.
Te ne starai
con gli altri fiorellini,
con le farfalle
e il sole su di te.

No fiorellino,
non ti porto via!
Starò quì a guardarti,
starò a te vicino
e se con un dito
vorrò solo sfiorarti
aspetterò che adagi il sole
l'ombra del mio dito su di te.

Sarò felice fiorellino
di sentir di te solo il profumo.

Ed io
solo un gigante sarò per te.
giuseppe ferlito
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4 marzo 2011

AVANTI POPOLO, C'è POSTO


Silvio, rimembri ancor
quel tempo della tua vita immortale,
quando progressismo e libertà,
democrazia e potere al popolo
a noi sporchi comunisti appartenevano
e tu, lieto ed esoso
con la raccolta pubblicitaria ti arricchivi?
Suoneranno le api...celle stanze
al tuo perpetuo canto?
Allor che all'opre femminili intento
godevi assai contento
di quello svago che in mente e ar core avevi.

Be! Visto che ti sei appropriato di tutte le terminologie,
tié! Becchete anche il nostro inno e cantiamolo insieme da buoni compagni.

Attacca Bastià:

Avanti popolo,
damose na mossa!
Bandiera nero rossa,
bandiera nero rossa   
trionferà.

Bandiera nerorossa
la trionferà,
evviva "er popolo de la     libbbertà"!

Bandiera nerorossa
sur cazzebo trionferà,

Evviva er comodismo
e la LIBBERTA'!
e qui il coro dell'Olgettina (alla cinese) conclude:
"de ciò che ce piace fà".
Si consiglia l'accompagnamento della "Banda del Predellino"

Dalla Balilla lei suona il clacson e lui... la trombetta.

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2 marzo 2011

RUDERE


Catania 30/6/1988
Guarda rudere!

I rossi raggi del sole
lambiscono le tue stanche rovine
e già s'apprestan le turiste, vecchie e bambine,
e le giovani frotte di scuole;

e il giallo e il nero e il rosso
a respirar con te l'aria d'un tempo che fu.
Ansiosi t'ammiran, ti guardan, ti toccan e ancor più,
saltandoti addosso,

ti fanno sentire,
dicendo di te, parlando con te,
sotto il sole cocente, che ancor sei un re;
che ancor puoi gioire.

E mentre sei li, sorridente,
e di rosso ti si dipingon di nuovo le membra,
l'ultima bimba chiamarti per dirti: "Torno presto", sembra
e di te non le importa più niente.

L'aspetta una casa;
non colonne, non archi, non rovine di gloria
ma una dimora di vita, scevra si d'eroi e di boria
ma di umano calore odorosa.

Un bianco lenzuolo,
una lacrima, un sorriso, un tenero bacio di mamma,
si spegne la luce e di vita s'illumina quella piccola calda capanna.
Tu sei li tutto solo.

(Anche l'ombre da te se ne vanno).
E quando la luna ti guarda par che ti dica:
"Eri bello e maestoso ma di viver non far più fatica,
non trarti ancora in inganno!

Guarda!

Come me non sai altro che ridere.
Il tuo viso allo specchio
vedrai pallido, sterile e vecchio
perché, come me, non sei altro che un rudere".

giuseppe ferlito
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