di Michele Ferlito
Se un fulmine scoppiasse in quest'istante
e, colpendoti in pien, t'incenerisse,
se il mare, irato, immantinente,
slanciandosi su te, ti soffocasse,
se l'Etna, spaccandosi ad un tratto,
migliaia di lapilli riversasse
su te, essere perfido e abbietto,
e, come un masso, ti cristallizzasse;
oh, non sarebbe certamente il danno,
il tuo dolor, la tua pena il tuo dispetto,
adeguato allo scorno ed all'affanno
che in questo oggi mi travaglia il petto.
Se ti trovassi nel deserto, sola
in quest'istante e l'acqua ti mancasse,
e tu mi porgessi la tua gola,
arida e secca, perch'io la rinfrescassi
con un po' d'acqua, che, in grande mole,
su migliaia di cammelli, io possedessi,
e, semispenta, piangendo e lacrimando,
giurandomi l'amor, mi supplicassi:
io piglierei la sabbia infuocata
e le arse fauci, finché te ne basti,
d'essa ti empierei, o disgraziata,
che il cuore mi carpisti e lo scherzasti.
Se quest'istante tu fossi alle prese
con satiri immondi e spudorati,
che, dopo averti colmata di offese,
con ingordigia si fossero a te dati,
e l'uno e l'altro con forti riprese,
brutti maligni e scalmanati,
del tuo corpo facessero contesa,
avvincendo te da tutti i lati
e se io solo potessi salvarti,
loro direi di fare ancora più forte
e mi vendicherei collo guardarti
e, dopo strazio tal, darti la morte.
Se fossi per caso capitata
in mezzo a dei cannibali, digiuni,
che, dopo aver la tua carne denudata,
uno spiedo allestissero, gli uni,
e gli altri una bella fiammata,
per farti per bene abbrustolita
e se io mi trovassi in quei paraggi,
con una compagnia di soldati,
in cerca di quegli uomini selvaggi,
con cannoni, moschetti e carri armati,
e se i miei, bramando la battaglia,
finalmente li avessero avvistati;
al fin di non salvarti
da un tal supplizio orrendo,
pur di non liberarti
da tanto orribil mal, ai miei ordinerei
di fare immediato il dietro front,
col rischio anche di andar
diritto al Tribunale Militare.
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