19 luglio 2013

AFORIMANI





AFORIMANI

Se “Un bacio è un apostrofo rosa
tra le parole – t’amo”
due carezze son due guanciali azzurri
su cui mollemente giacciono
i visi di chi si sussurra:
t’amo.

Due mani premurose
ti han dato una mano
a venire al mondo
e una mano pietosa
sfiorerà le tue palpebre
l’ultimo giorno della tua vita;
ascolta!
E’ il giocoso frastuono
d’un girotondo di bimbi
che si tengon per mano;
guarda!
Quattro vecchi intorno
ad un tavolo tondo giocano,
mischiano, dividono, spulciano,
lanciano le carte di un mazzo,
unto e sgualcito dalle dita,
con le loro tremule,
ma sagge mani,
ove han riposto
le ultime gocce
dell’emozione di vivere
e la fierezza, se giunge, di qualche vittoria;
un cieco legge con le sue mani
e un sordomuto con le mani
parla e ti ascolta,
vai
da quell’uomo in quell’angolo buio,
la sua mente eremita,
il suo corpo assente
e tu lì, al suo fianco,
lo vedi così diverso,
lo senti così lontano:
che non sia tu il vero errante?
Non ti guarda con gli occhi,
non ti ascolta con le orecchie,
non ti parla con la bocca,
ma, se con le sue mani ti tocca,
ti cerca, ti comprende,
taci e ascolta: ti sta parlando;
anche mani di mamma parlano,
mani che giorno per giorno si sporcano,
mani che puliscono,
lavano, asciugano,
asportano, curano:
è la vita!
Ma quando quelle mani
cullano la creatura
che prima sentivano scalciare in grembo,
quelle candide mani,
teneramente parlandole,
si tingono dello stesso limpido colore
che, dal sorgere al calar del sole,
tinteggia e rischiara la scura terra
che materna culla le sue creature
sotto lo stesso cielo azzurro,
avvolta dalle acque del suo mare blu
dove più è profondo;
occhi, orecchie e bocca
non ci distinguono dagli altri animali
nei quali un cervello domina, un cuore batte
e le nostre gambe sono le loro zampe,
se poi uomini e animali abbiano un’anima,
chi son io per dirlo?
Ma le mani no!
Le mani son solo dell’essere umano;
mani sante, mani assassine,
mani candide, mani sporche,
a volte anche di sangue,
mani ruvide e callose,
mani ossute di anziani,
mani cicciotte di pargoli,
mani laboriose di lavoratori,
c’è chi ha le mani in pasta
e chi se ne lava le mani;
mani invisibili
di donatori o ladruncoli,
di falsari e giocolieri,
mani dignitose di invisibili
che febbrili frugano
tra i rifiuti di una
ingombrante abbondanza,
mani non più visibili
di chi non le ha,
ma che ancora guidano quel corpo
di cui furono private,
come il ricordo dei cari
che guida il cammino di un orfano;
ma tu le possiedi ancora e allora
forza!
Stringi una tua mano a pugno
e vi vedrai il tuo cuore,
poi aprila con coraggio agli altri
e otterrai tutto ciò che vuoi,
muovila agilmente alla luce
ed anche le sue ombre ti parleranno:
le mani non si stancano di parlare
e parlano in un soffio,
senza neanche la pausa di un punto;
un pianoforte sparge
le sue note e magiche melodie
così che quelle mani,
quelle agili mani,
ballino sui suoi tasti rigidi,
che docili si piegano al lor passare,
una danza che forse solo loro
e gli angeli tra le nubi sanno fare;
puoi chiedere: “dammi un occhio”,
vuol dire: “stai vigile, prestami attenzione”,
puoi chiedere: “dammi il tuo cuore”,
vuol dire: “voglio, esigo il tuo amore”:
non gli occhi o il cuore,
ma solo una mano amica
cerchi nel bisogno
ed è all’amico che fiducioso
chiedi: “dammi una mano”;
con le mani
accarezzi, picchi,
uccidi, guarisci,
perdoni, condanni,
maledici o benedici,
graffi e accarezzi,
tappi una bocca o applaudi
distruggi e poi crei;
nella “Creazione di Adamo”
c’è la mano del Dio di Michelangelo
e dove l’uomo passa,
lì c’è la mano dell’uomo:
mano operosa,
mano che accoglie in se
tutte le piaghe del mondo
segnata a volte dalle stimmate,
a volte solo bagnata
da lacrime che asciuga pietosa;
mani che insieme si piegano alla legge,
legandosi con due manette ai polsi,
mani che si scambiano le fedi al dito
legandosi tra loro
come l’ape al suo fiore,
nel coreografico balletto
d’un vibrante batter d’ali
tra il molle ondeggiar
dei petali d’un fiore,
mani che svolazzano libere
oltre le sbarre di cupe celle,
come lo svolazzar d’un nido
al primo volo.

Uomo!
I tuoi occhi, non dubito,
sono le finestre dell’anima
e il tuo cuore
o si chiude nell’odio
o si schiude all’amore,
ma le tue mani son solo l’uscio
della tua ruvida umanità
e tra le loro vissute rughe,
ad indicar chi vi dimora,
è inciso il tuo testamento
che in calce recita:
“Ecco chi son io in questa terra,
fatto della stessa sostanza del mondo:
sono un umano”.




                                                      





N.d.a.:
Dedicata all’amicizia degli uomini di buona volontà, al loro gioioso darsi una mano, a quella generosa mano di mio padre che ancora sfiora il mio viso, sin da quell’ultima carezza e, ancor più, al grande e profondo amore per la vita di chi, privo delle sue mani, l’affronta con dignità, coraggio e serena umanità.
Il titolo non è una parola di senso compiuto, ma è solo l’unione, di “Aforismi” con la parola  “mani”, incastonata  più volte tra queste righe, con la cadenza di un tamburellar di dita, come fosse il ritmo che incalza la sua melodia.
Tu che hai letto queste righe, non chiedermi se sono versi o una semplice raccolta di aforismi: l’autore non sono io, ma le mie mani le hanno scritte, finalmente libere dal  giogo della mente e sorde ai battiti del cuore; loro hanno semplicemente narrato il loro essere mani, mentre io seguivo in silenzio il loro dire.


giuseppe ferlito         .
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